Pubblicato in: Riflessioni, Scrittura

Scrivere una storia: facile o difficile?

Idee per una storia? Oh, è facile averne.

Una scena, una parola, un personaggio, una cosa che sembra un’altra cosa… sono infiniti gli spunti che suggeriscono una possibile vicenda.

Fin qui, credetemi, è tutto semplice. La fantasia trasforma un granello di sabbia nell’incontro fra due persone, nella ricerca di un tesoro, nella prova di un omicidio. Geniale.

Subito dopo, però, arriva la parte difficile: l’idea deve essere sviluppata, la possibile vicenda popolata di personaggi reali (e non è un ossimoro: i personaggi, anche quelli fantastici, devono essere realistici ovvero reali nel contesto in cui agiscono, ovvero nella storia). E ognuno deve essere coerente con se stesso, e partecipare allo svolgimento della storia, com’era nell’idea di partenza (anche se, ovviamente, strada facendo quell’idea si può modificare – si spera in meglio).

Prendiamo ad esempio un plot classico dei rosa: un lui e una lei che si incontrano, subito si detestano ma in realtà si piacciono, ma lo scoprono o ammettono solo alla fine del romanzo. È facile scrivere una storia così? Non quanto – forse – sembra. Almeno se la si vuole rendere coerente. Ancora più complicato se la si vuole originale.
Limitiamoci per ora alla coerenza: perché lui e lei all’inizio si odiano? Ci vuole un motivo valido e plausibile, possibile nell’ambiente e nell’epoca in cui si svolge la vicenda. E perché l’odio si trasforma in amore? Oppure, perché alla fine i protagonisti decidono di ascoltare la voce dell’amore invece che quella dell’odio?
Il cambiamento per essere credibile deve essere graduale oppure conseguente a un avvenimento che può suscitarlo anche all’improvviso. In un susseguirsi di piccoli eventi i due si conoscono meglio, vengono svelati segreti e/o dettagli sulla loro vita e quindi imparano ad apprezzarsi e/o a giustificarsi a vicenda oppure lo svelarsi di un mistero capovolge le prospettive e fa sì che i due possano amarsi senza più problemi.
Il tutto deve essere coerente con i personaggi, su come sono descritti e mostrati dall’inizio; ciascuno dei personaggi deve affrontare gli eventi com’è logico che sia per una persona con il suo carattere, con le sue abitudini, cultura eccetera. Anche i personaggi ala fine saranno diversi da com’erano all’inizio, almeno in parte, certo, ma la loro evoluzione – o involuzione, in alcuni casi – dev’essere motivata.

In sintesi si potrebbe dire che è la storia non è altro che il percorso dall’incipit all’epilogo, in cui i protagonisti, dopo aver vissuto una serie di vicende, saranno cambiati. Perché così è anche nella vita, nel fiume non scorre mai la stessa acqua anche se sembra che sia così, Eraclito docet. Ma fra una goccia e l’altra non ci sono interruzioni, non ci sono salti, il flusso è continuo e così dev’essere anche in una buona trama.

Per questo, a mio parere, è facile avere idee accattivanti e interessanti, mentre non lo è affatto svilupparle fino a scrivere un’intera storia. Per farlo occorrono volontà, disciplina e impegno.

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Liebster Award 2017

Ecco, dopo diverso tempo, un nuovo Liebster Award. (Per i pochi che ancora non lo sanno, si tratta di un riconoscimento virtuale per blog, un segno di apprezzamento accompagnato da undici domande a cui i premiati devono (facciamo possono…) rispondere).

Ringrazio per la nomina il blog Animadicarta che non conoscevo e che ho trovato molto interessante.


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Ecco le mie risposte

1. Qual è stato il posto più strano in cui hai scritto? → Non mi sembra di averlo fatto in posti particolarmente strani, anche se l’ho fatto/lo faccio in molte situazioni di attesa. Comunque diciamo in bagno e in auto (ferma, durante un’attesa).

2. Qual è il tuo peggior difetto come scrittore? → Forse in alcuni casi sono troppo sintetica.

3. E il tuo maggior pregio? (niente modestie, su) → Cerco di scrivere in un italiano corretto (all’occorrenza con supporto di grammatica e vocabolari).

4. Qual è l’aspetto della scrittura che più odi? → Non mi pare che ce ne siano.

5. E quello che più ami? → Le scoperte che faccio scrivendo. Non sempre so cosa sto per scrivere, le parole, le frasi vengono fuori dalla penna o dalla tastiera senza che siano state prima pensate.

6. Qual è la scena più difficile che hai scritto finora? → Gli approcci fra una lei e un lui.

7. Qual è il genere che non scriveresti mai, neanche sotto tortura? → Erotico.

8. Qual è il genere di romanzo che scriveresti, se ben pagato e sotto pseudonimo? → Sto sperimentando vari generi perché sono curiosa sia come lettrice che come autrice, quindi a parte l’erotico di cui sopra non ci sono generi che non scriverei. Ma non è detto che saprei farlo in modo soddisfacente, ovviamente.

9. Qual è il genere che vorresti scrivere, ma che sai non scriverai mai? → Vedi risposta precedente.

10. Qual è stato il testo più strano che hai scritto finora? → Forse un racconto lungo ironico e vagamente surreale che parla di uno scrittore di best seller (“Il prossimo best seller”, appunto).

11. Un tuo personaggio che hai odiato? → Non mi pare di averne odiato nessuno.

I blog che nomino

Lo scopo del Liebster è quello di far conoscere i blog, quindi nomino qui sotto alcuni blog. Ovviamente non ci sono obblighi di risposta…

Daniela e dintorni di Daniela Domenici

G di Giorgia di Giorgia Golfetto

Libricity group

Queste pagine di Concetta D’Orazio

Azzurropillin di Silvia Pillin

Chiacchiere e distintivo di Roberto Bonfanti

 
E, comunque, tutti sono i benvenuti per rispondere, in fondo il Liebster serve anche per conoscerci meglio.

 

Ed ecco le mie domande – ripropongo quelle fatte a me, perché le ho trovate interessanti e divertenti, tanto i destinatari scrivono tutti…

  1.    Qual è stato il posto più strano in cui hai scritto?

    2. Qual è il tuo peggior difetto come scrittore?

    3. E il tuo maggior pregio? (niente modestie, su)

    4. Qual è l’aspetto della scrittura che più odi?

    5. E quello che più ami?

    6. Qual è la scena più difficile che hai scritto finora?

    7. Qual è il genere che non scriveresti mai, neanche sotto tortura?

    8. Qual è il genere di romanzo che scriveresti, se ben pagato e sotto pseudonimo?

    9. Qual è il genere che vorresti scrivere, ma che sai non scriverai mai?

    10. Qual è stato il testo più strano che hai scritto finora?

    11. Un tuo personaggio che hai odiato?

 

 

 

Pubblicato in: Interviste self, Libri

Intervista a Noemi Gastaldi

Ecco un’altra intervista a una brava autrice self, Noemi Gastaldi, autrice di una trilogia fantasy, di alcuni spin-off della stessa e di un romanzo erotico. Ad eccezioni di quest’ultimo i suoi scritti sono tutti pubblicati come ebook self sullo store di amazon. Trovo la scrittura di Noemi originale e raffinata, come pure le sue storie.

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Qui accanto la cover e il link all’ebook contenente la Trilogia “Oltre i confini”, una saga fantasy davvero originale, ambientata in parte in Italia, soprattutto a Torino, e in parte nel mondo fantastico Oltre i confini.

  1. Perché scrivi? Qual è la molla che ti spinge a farlo?

Bella domanda. Scrivere, per me, è sempre stato un modo per liberarmi dai troppi pensieri. Mettere su carta ciò che ho in testa serve a liberare la suddetta. Sì: sono una testa vuota per scelta.

  1. I tuoi romanzi e racconti sono tutti fantasy, ad eccezione di un erotico (l’unico tuo testo che non ho ancora letto). Perché hai scelto questo genere, cosa ha per te di diverso/di più degli altri?

Il fantasy è libertà… libertà di dire che esiste qualcosa che va oltre la materia e il quotidiano, e di parlarne senza perdersi in inutili dimostrazioni dell’indimostrabile

  1. Da cosa prendi spunto per le tue storie?

Da tutto. Dalle emozioni e dai sogni, da ciò che vedo e ho voglia di interiorizzare e ributtare fuori.

  1. Quanto c’è di autobiografico nelle tue storie?

Abbastanza, in effetti. Ma mai tutto… Ogni personaggio nasce da qualcosa che mi riguarda da vicino, ma poi prende vita e va avanti da sé. A volte parlo dei miei libri come se fossero figli ed è principalmente per questo, per come escono da me se vanno per conto proprio.

  1. Cosa ti resta più difficile nello scrivere? (Ad esempio l’inizio, la fine, la revisione…)

Uh… non saprei. Tutto e niente. A volte per passare dalla scaletta alla stesura impiego dei mesi, poi quando la cosa prende il via sembra che la storia sia sempre stata lì, già scritta. Altre volte se devo chiudere ho l’impressione che lo spazio non basti, ma alla fine anche quello finisce per risolversi. Nel complesso mi ritengo una scrittrice insicura che se ne frega delle insicurezze. Anche nella revisione: butterei sempre via tutto, non è mai come lo avevo immaginato, ma per fortuna so decidermi a delegare tutto a lettori-beta e collaboratori… prima di impazzire!

  1. Cosa ti entusiasma di più nella scrittura?

A dire la verità, l’unica cosa che mi rende entusiasta è vedere i miei libri finiti, fruibili dai lettori, letti, chiacchierati e recensiti. Per il resto, come accennavo, la scrittura per me non è entusiasmo ma liberazione…

  1. Cosa cerchi o pensi di comunicare/condividere con i tuoi lettori?

Riconosco due frasi diverse. Quando ho pubblicato il mio primissimo libro (quello erotico che non hai letto 😛 ) mi ero proposta di essere quasi una reporter, di divulgare ciò che vedevo e trasmettere sostanzialmente una sospensione del giudizio di fronte a quelli che sono i fatti narrati.
Poi qualcosa è cambiato, e quando ho iniziato a scrivere fantasy ho invece iniziato a desiderare l’opposto, cioè di portare i lettori nel mio mondo, nei miei sogni e nelle mie emozioni. Tramite il fantasy si può dire davvero di tutto… si gioca, e si porta fuori il proprio interno.
Quello che è cambiato in me, è soprattutto l’aver intrapreso con serietà un percorso esoterico (chi è curioso e vuole approfondire può cercare “Peste di Granfie”). In pratica, al sempre presente desiderio di raccontare la realtà e svuotarmene quando essa mi riempie la testa di pensieri, si è aggiunta la volontà di dire quale è effettivamente il mio modo di vedere le cose, anche (e soprattutto) toccando argomenti come la spiritualità e l’esoterismo… che per me sono ormai non estrinsecabili dalla realtà suddetta, cosa che però non vale per tutti.

  1. Quali sono le tue letture preferite, intese sia come genere che come libri singoli?

Amo leggere di tutto. Mi attraggono quei libri da cui non so cosa aspettarmi, indipendentemente dal genere, per me la curiosità è la molla che fa scattare il desiderio di leggere.

  1. Da quanto tempo scrivi?

Da quando ho imparato a farlo

  1. Trovi stimolante, utile, piacevole la collaborazione con colleghi o preferisci evitarla?

Mi piace! In tutte le cose, come si migliora se non ci si confronta? E poi viviamo in uno strano mondo in cui tutti ci aspetteremmo di trovare molti lettori e pochi scrittori, ma poi scopriamo che la maggior parte dei lettori scrive anche. Evitare i colleghi vorrebbe dire evitare anche buona parte dei propri lettori xD

  1. Progetti per il futuro, relativamente alla scrittura e dintorni?

Sto continuando con i miei viaggi oltre i confini e le relative cronache 😀
La prima novità (uscirà forse dopo Natale o in primavera) sarà una raccolta di racconti a incastro. Ogni racconto è uno spinoff della trilogia “Oltre i confini – saga dell’immateriale”, parliamo quindi di Casamatta, Male Dire, Il coltello, e un inedito… Insieme questi racconti dipingono un quadro più ampio, una solta di prequel della trilogia, e la protagonista assoluta sarà Lily la fantasmina … prima di diventare tale.

  1. Una domanda a cui ti piacerebbe rispondere che non ti ho fatto?

No, guarda, va bene così 😀 si è fatta una certa ora e l’unico mio desiderio è di non aver scritto scempiaggini

Grazie Noemi e buon proseguimento per la tua scrittura.

 

Pubblicato in: Scrittura

Scrivendo #1

In questi giorni sto finendo di revisionare un romanzo e cerco di concentrare il mio tempo e le mie energie mentali su quello. Quindi può darsi, anzi è probabile, che diminuiscano, temporaneamente, gli articoli sul blog (di solito la mia media è di uno al giorno, raramente di più).

Ancora non ho deciso il titolo del romanzo e non ho trovato neppure la cover. Sto studiando per entrambi.

Conto di pubblicarlo, come ebook, entro la fine dell’anno, magari entro Novembre.

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Pubblicato in: Interviste self, Libri

Intervista a Marialuisa Moro

Eccoci al primo appuntamento con le interviste agli autori self. Oggi vi presento un’autrice di cui ho letto e commentato vari ebook: Marialuisa Moro. Da pochi giorni è uscito il suo ultimo ebook, dal titolo Orrore a Helsinki: thriller finlandese.

  1. Perché scrivi? Qual è la molla che ti spinge a farlo? Per me scrivere è un’esigenza insopprimibile, un modo di comunicare con gli altri.
  2. Perché hai scelto di scrivere thriller, noir, horror? Cosa ti consentono di esprimere? Mi piace sondare i misteri dell’animo umano e dipingere la gente nella sua realtà quotidiana: i generi sopra citati sono quelli che per me più si adattano a questo scopo.
  3. Da cosa prendi spunto per le tue storie? Dalla vita reale che mi circonda, dalle mie esperienze, da persone che conosco, da fatti di cui sento parlare e dalle letture che faccio.
  4. Quanto c’è di autobiografico nelle tue storie? Molto, se intendiamo eventi e persone che hanno fatto parte della mia vita. Direttamente, di autobiografico c’è poco o niente. Non c’è nessun personaggio in realtà che rifletta me stessa, perché ognuno di essi è una mistura di tanti elementi diversi che fanno parte del mio vissuto.
  5. Cosa ti resta più difficile nello scrivere? (Ad esempio l’inizio, la fine, la revisione…) La revisione. La detesto, è la parte veramente ingrata di tutto il processo. Ed estremamente noiosa. Oltre tutto, per quanto riveda, trovo all’infinito qualcosa che sta meglio o una parola più adatta… E’ snervante! Devo costringermi a dire BASTA!
  6. Cosa ti entusiasma di più nella scrittura? L’idea primaria e il processo di elaborazione della trama. Si accende la scintilla, ma poi bisogna creare i dettagli e fare in modo, se si tratta di un thriller, che tutti gli elementi coincidano secondo un nesso logico, fare attenzione a disseminare indizi e sospetti al momento giusto. Richiede elaborazione, ma è divertente. Di solito organizzo questi elementi durante lunghe passeggiate solitarie.
  7. Cosa cerchi o pensi di comunicare/condividere con i tuoi lettori? Le mie idee sulla vita e sull’animo umano. Cerco inoltre di offrire ai lettori qualche ora di piacevole lettura che li astragga dalla vita quotidiana.
  8. Quali sono le tue letture preferite, intese sia come genere che come libri singoli? Naturalmente, i thriller. Anni fa ho fatto una scorpacciata di thriller scandinavi, che senza dubbio mi hanno influenzata, ma non disdegno neanche gli altri generi, purché siano ben scritti e la trama sia interessante. Come autore, adoro Ken Follett, che leggo in lingua originale.
  9. Da quanto tempo scrivi? In maniera costante a partire dal duemila. Prima si trattava di opere abbozzate e non finite. Non tengo conto del mi primo romanzo, scritto a dodici anni.
  10. Trovi stimolante, utile, piacevole la collaborazione con colleghi o preferisci evitarla? La trovo molto utile. Il confronto aiuta a crescere e a migliorare. Leggo sempre molti libri dei colleghi di FB e faccio tesoro dei loro appunti.
  11. Progetti per il futuro, relativamente alla scrittura e dintorni? Progetti? Se una casa editrice di un certo spessore mi notasse, facendomi una buona offerta, sarebbe certo gratificante per me, ma, anche se non accadrà, mi va bene anche così. Ho il mio pubblico di lettori e mi basta. Ognuno di noi scrive per essere letto e questa per me è la soddisfazione principale.

Ringrazio Marialuisa Moro per le sue risposte e per le sue storie che vi invito a scoprire, se già non l’avete fatto.

Ecco due dei suoi thriller:

cover Tarocchi                                        cover puzzle da MM

 

 

Pubblicato in: Libri, Racconti

Fiori di banco – Ada Trerè Ciani

Una trentina di anni fa, forse anche qualcuno di più, un collega mi prestò un piccolo libro che trovai teneramente divertente e che mi feci comprare per conservarne anch’io una copia.

Si tratta di una raccolta di frasi da temi e pensierini (come si chiamavano una volta) di bambini delle elementari, raccolti da una maestra, diversi anni prima dell’uscita di Io speriamo che me la cavo.

FIori di banco

Questo libro mi è tornato in mente in seguito alla diatriba cruscosa degli ultimi giorni e siccome poco fa, rimettendo a posto un paio di scaffali, me lo sono trovato fra le mani mi è piaciuta l’idea di condividere con chi capita sul blog qualche fiore di banco.

Come si sa i bambini sono sempre stati soliti scrivere sfondoni (come si chiamano dalle mie parti) e sempre lo saranno. Altrimenti non sarebbero bambini, no?

 

Nelle pozzanghere c’era una pianta d’olivo riflettata.

Sono una bambina chiacchierona: la mia lingua è ribellule.

Sfortunatamente la mia carabina si è rotta e non fa più quel ciocco insordibile.

Le mucche vaccinose non morivano mentre il vaiolo sì.

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Il libro è del 1973, edito da Casa editrice Valentino Bompiani & C. S.p.A.
L’autrice è un’insegnante con “vent’anni di esperienza nelle scuole elementari” (dalla quarta di copertina).


Pubblicato in: Riflessioni, Scrittura

Scrittura creativa: il finale di una storia #2

Il finale di Pilgrim, che come ho scritto nel relativo post con le mie impressioni di lettura mi ha delusa e mi ha ricordato un altro finale che mi ha rovinato il romanzo che fino a quel punto avevo trovato avvincente e denso di nuovo spunti, ovvero Il codice da Vinci, di Dan Brown.
In questi due romanzi (ma anche in altri) sembra che l’autore, dopo aver messo in piedi un’architettura complessa e in qualche modo destabilizzante per il mondo in cui si svolge la finzione (perché di questo comunque si tratta, di finzione, invenzione, ancorché ambientata in un contesto realistico), abbia paura delle conseguenze che quell’architettura potrebbe causare nella realtà vera e si affretta a farla crollare, in modo da garantire che nel mondo reale lo status quo non venga scalfito.
Con questo tipo di finali non viene, a mio avviso, rispettata la promessa che lo scrittore fa al lettore narrandogli la sua storia: è come se in tutto il romanzo un gruppo di persone organizzasse con immensi sacrifici e studi un viaggio verso Marte e poi alla fine vi rinunciasse perché uno di loro si è fatto male a un piede. Esempio portato all’estremo, forse, ma mi sento davvero un po’ come se leggessi una cosa del genere.
A proposito di Dan Brown trovo, invece, che in Inferno, la promessa sia in parte mantenuta; ovviamente non scendo in dettagli (per nessuno dei tre romanzi che ho citato) per evitare spoiler.

Sono convinta che il finale sia la parte più difficile di una storia e, più la storia è complessa o di suspense, più aumenta la difficoltà di inventarne uno che non vanifichi la costruzione di tutto il romanzo.
Per quanto mi riguarda, scrivere il finale è sempre un momento delicato, anche per il motivo di cui sopra. Solitamente mi trovo in una di queste due situazioni: comincio la prima stesura avendo in testa la storia o comunque la trama dall’inizio alla fine (spesso accede per le storie brevi) oppure scrivo seguendo un’idea di base (più o meno precisa) il cui sviluppo si viene definendo via via e magari cambia più volte durante la stesura. Nel primo caso mettere a punto il finale è meno complicato perché era già definito con tutta la storia; nel secondo caso spesso, anche se inizialmente avevo un’idea della possibile conclusione, questa va rivista, a volte modificata completamente, alla luce dello svolgimento della vicenda e del comportamento dei personaggi (spero con esito soddisfacente anche del lettore…).


Pubblicato in: Citazioni, Libri, Scrittura

Primo Levi, L’altrui mestiere

L’altrui mestiere è una raccolta di scritti di Primo Levi; uno di questi si intitola Perché si scrive? Ed elenca nove possibili risposte, ciascuna corredata di una breve spiegazione.

In questo articolo mi limito a riportare le risposte secche, come si dice.

  1. perché se ne sente l’impulso o il bisogno
  2. per divertire o divertirsi
  3. per insegnare qualcosa a qualcuno
  4. per migliorare il mondo
  5. per far conoscere le proprie idee
  6. per liberarsi da un’angoscia
  7. per diventare famosi
  8. per diventare ricchi
  9. per abitudine

Al momento a me non vengono in mente altre risposte, ovvero risposte che non siano simili o comprese in queste nove. E secondo voi, invece, perchè si scrive?


Pubblicato in: Citazioni, Scrittura

Il mestiere di scrivere – Raymond Carver

Da Orientarsi con le stelle

La forma più comune di cattiva scrittura è quella in cui l’autore usa male il linguaggio, in cui non presta sufficiente attenzione a quanto sta cercando di dire e a come sta cercando di dirlo, oppure usa il linguaggio solo per esprimere una sorta di informazione veloce che sarebbe meglio lasciare ai quotidiani e ai mezzibusti dei telegiornali serali.

Scrivere è un lavoro duro e solitario ed è facilissimo imboccare la strada sbagliata.