Laura e le pecore
Sulla vestaglia color latte acquistata a un grande magazzino erano stampate piccole pecore dalle gambe sottili che calzavano grossi scarponi colorati: rossi, verdi, blu. Le pecore erano molte e occupavano quiete l’intero pianeta costituito dai suoi centodue chili, davvero troppi per il diametro, ovvero per la sua altezza di un metro e sessantuno.
Oltre alle pecore con gli scarponi le tenevano compagnia un libro, un lavoro a maglia e il telecomando della televisione, al momento spenta. Era seduta su una sedia in plastica con i braccioli, con in mano una biro e un blocchetto, intenta a compilare la lista della spesa che avrebbe fatto al supermercato.
Le pecore sorridevano e anche lei, né le une né l’altra sapevano bene perché.
Forse solo perché sorridendo è più facile tirare avanti. Sempre che una ci riesca. Comunque, fino a che una ci riesce.
Lei fino a quel momento c’era riuscita, nonostante difficoltà, delusioni, abbandoni, fatica, solitudine. Le pecore ci riuscivano semplicemente perché qualcuno le aveva disegnate così, con quel sorriso tranquillo, pacato, appagato.
Abbassò gli occhi sul foglio: detersivo delicato per lavatrice, spugne per lavare i piatti, yogurth, biscotti, crackers, prosciutto, pizza surgelata, uova. Cos’altro le serviva? Di cosa si era dimenticata? C’erano almeno altri due o tre oggetti di cui aveva bisogno, era sicura di averli individuati mentre sparecchiava. Pigramente si alzò e andò a controllare nel frigorifero.
Sembrava che non mancasse niente all’appello. Lo stesso nel mobile che fungeva da dispensa. Sospirò sedendosi nuovamente. Erano quasi le undici, avrebbe completato l’indomani la lista. L’avrebbe messa sul comodino con la penna, per un’eventuale ispirazione notturna.
In realtà non aveva molta voglia di andare a letto, benché si sentisse stanca. Avrebbe voluto qualche cosa da fare, qualcuno con cui uscire, parlare. Era abituata alla monotonia delle sue serate e di solito le trascorreva tranquilla apprezzandone i pregi, ma quella sera sembrava che la solitudine le premesse addosso da tutte le parti tanto da farle rimpiangere i tempi della scuola, quando poteva condividere i momenti tristi con Moira. Erano amiche amiche, allora, e stavano sempre insieme e quando non erano insieme si telefonavano per dirsi cosa passava loro per la mente, per consolarsi, per sfogarsi, per raccontarsi qualcosa. Quando erano giovani non c’erano né cellulari né internet, ma non avrebbero potuto essere più vicine di quanto erano state.
Purtroppo con il passare degli anni avevano smesso di vedersi quasi del tutto, forse perché le loro vite avevano preso strade diverse, Moira si era sposata e aveva due figli, o forse perché le cose belle non possono durare per sempre.
Una pecora con gli scarponi verdi la guardava dall’avambraccio sinistro, lei le restituì lo sguardo e nel farlo avvertì come un solletico sulla guancia, era una lacrima che scendeva lenta.
“Non voglio piangere. Non serve.” Disse alla pecora. Però le tornò in mente quando aveva comprato la vestaglia, due anni prima al supermercato, e pensò che la sua era una vita da supermercato, né più né meno come la vestaglia. Tutto quello che faceva era da supermercato, lavorare, mangiare, dormire, leggere, ascoltare musica, sì anche il suo amato Chopin: una massa di azioni e di cose in cui affogare, smarrirsi, poi prendere questo e quello e quell’altro ancora per sentirsi alla fine sempre più vuota.
“Accidenti che serata no.” Sussurrò. Eppure durante la giornata non era successo nulla che giustificasse quello stato d’animo. Eppure le pecore sulla vestaglia avevano davvero l’aria simpatica e la musica di Chopin era stupenda, anche se lei non la capiva e non riconosceva una nota dall’altra, ma amava quella melodia e non si stancava mai di ascoltarla.
Si impose di reagire, non aveva senso lasciarsi andare alla tristezza, probabilmente era solo troppo stanca, la sera prima si era addormentata alle tre, per finire un romanzo. Controllò che la porta di fuori fosse chiusa a chiave e si infilò nel letto con un nuovo libro; dapprima dovette costringersi a leggere, ma dopo poche pagine i segni neri la circondarono con la loro magia, la stregarono e lei sparì, si cancellò, immersa nella storia come in un universo parallelo.