Edgar Rice Burroughs (1875 – 1950), scrittore statunitense.
Autore fra l’altro dei romanzi che hanno come protagonista Tarzan, l’uomo cresciuto inseme alle scimmie, le cui storie mi hanno accompagnata fino da quando ero bambina.
Edgar Rice Burroughs (1875 – 1950), scrittore statunitense.
Autore fra l’altro dei romanzi che hanno come protagonista Tarzan, l’uomo cresciuto inseme alle scimmie, le cui storie mi hanno accompagnata fino da quando ero bambina.
Questo articolo esce contemporaneamente su quattro blog:
Queste pagine, Ant Sacco, Chiacchiere e distintivo e Pagine sporche.
Cosa? E voi vorreste che noi scrivessimo un elenco di regole, di consigli, di programmi per gli scrittori che si auto-pubblicano? Una sorta di manifesto, insomma?
Ma vi rendete conto della difficoltà? Noi siamo semplicemente quattro autori self, come si dice, agli esordi. Che poi il limite spazio-temporale entro cui si collocano questi esordi è tutto ancora da definire.
Va bene, dai, ma noi quattro siamo anime semplici, professionalmente parlando, dedite al Self-Publishing con zelo e con costanza.
Altro che hobby: per un autore self l’auto-pubblicazione è una missione!
La buona volontà c’è ma quella non basta. Abbiamo esperienza, certo, l’affiniamo, la coltiviamo, la perfezioniamo.
Ma davvero vorreste da noi consigli?
Beh, come si dice: se davvero insistete, possiamo anche provarci.
Che poi, a dirla tutta, noi, proprio per questo senso che ci caratterizza, di dedizione al compito di eccellenza che il destino ci ha riservato, il Self-Publishing appunto, qualche regoletta l’avevamo già appuntata.
Non per essere immodesti, s’intende, ma avevamo immaginato che prima o poi un mezzo regolamentino sarebbe stato necessario. E dunque lo tenevamo riposto nello scantinato, da utilizzare all’occorrenza.
Inizialmente avevamo pensato ad un decalogo ma poi i suggerimenti hanno sforato il tetto massimo di dieci e così ci siamo allargati anche noi.
Queste sono le raccomandazioni che ci facciamo quotidianamente. Se vi va potete farne buon uso anche voi.
Parlare male di altri scrittori non peggiora la loro reputazione, bensì la vostra.
Scrivere recensioni di libri che avete letto è importante, fa capire come vi esprimete e mostra che siete interessati al lavoro degli altri.
Leggere libri di altri e parlarne è la cosa più importante che possiate fare per aiutare la scena degli scrittori indipendenti.
Sembrare uno scrittore professionista non è poi così importante; fondamentale è scrivere come un professionista.
Curare la forma è il minimo che potete fare: evitate di pubblicare libri pieni di refusi ed errori.
Essere rispettosi e gentili vi porterà più lontano piuttosto che adottare atteggiamenti presuntuosi e arroganti.
Spesso le persone influenti (editori, blogger, giornalisti, ecc.) sono amiche tra di loro: conquista la stima di uno di loro e sarai stimato da tutti. Procurati l’inimicizia di uno e tutti ti inseriranno nella lista nera.
La promozione attraverso vari media è importante. Regala qualche copia del tuo libro, anche in formato digitale.
Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Goodreads non sono l’unico mezzo, o il più adatto, per farti conoscere. Se tutto il tuo piano promozionale è sui social, sei condannato all’anonimato.
Cerca di aiutare i tuoi colleghi, spesso questo aiuto torna indietro.
Continua a scrivere e a pubblicare.
“Frequenta” la vita vera e traine ispirazione.
E così, dalla mia fissazione per le statistiche, ecco un altro confronto: stavolta è quello del numero degli ebook pubblicati sullo store amazon.it fra il 30 luglio e il 30 agosto, 2014.
Nonostante che il mese di agosto sia un mese “di vacanza” il numero degli ebook è comunque aumentato di oltre il 2%.
(1797 – 1851), scrittrice inglese.
Autrice fra l’altro di “Frankenstein“, che ho letto qualche anno fa. Una storia che ho trovato triste, sul dramma di essere diversi e sulla conseguente solitudine e discriminazione. Comunque una grande invenzione narrativa e una grande fantasia, scritta quando era molto giovane.
(1974), scrittrice svedese.
Autrice di romanzi gialli, di lei ho letto “La principessa di ghiaccio“, non male.
«Qualunque sia il vostro disturbo, la nostra ricetta è semplice: un romanzo (o due), da prendere a intervalli regolari».
A cura di Fabio Stassi
Traduzione dall’inglese di Roberto Serrai
Titolo originale: “The novel cure”
Editore: Sellerio.
Un piacevole e interessante elenco ragionato di suggerimenti su romanzi da leggere, raccolti secondo una logica originale: quella dei disturbi, sia fisici che psicologici, che potrebbero essere guariti dalle letture adatte.
Forse leggendo non si guarisce da tutti i malanni ma di sicuro ci si immerge almeno per un po’ in un altro mondo.
In questo volume ho incontrato vecchi amici (libri che ho letto e amato, cioè) e poi mi sono annotata un bel numero di spunti per future letture, sperando di trovare il tempo per potermici dedicare.
Concludo con una citazione dall’introduzione delle due autrici:
«Vivere senza letteratura significa perdere l’occasione di vivere arricchendosi delle lezioni di coloro che hanno percorso questa via prima di noi».
Vediamo le stelle di notte quando è buio ma loro sono sempre in quel lassù che chiamiamo cielo, anche quando i nostri occhi non le scorgono. E per ciascuna di cui cogliamo il brillare ce ne sono tantissime di cui ignoriamo e ignoreremo per sempre l’esistenza, perché troppo lontane nello spazio e quindi anche nel tempo.
L’identificarsi di spazio e tempo è un concetto che mi affascina e mi suggerisce risposte che non riesco mai a fermare, ombre di intuizioni che non superano la soglia della mia coscienza.
Immagino che per gli amanti della fantascienza le mie parole suoneranno scontate, ma per chi come me, che ha iniziato a leggere qualche classico del genere solo da pochi anni, i romanzi di Isaac Asimov sono stati davvero delle bellissime scoperte.
In questi giorni ho letto la raccolta di racconti “Io, robot” e anche questa mi è piaciuta molto.
Robbie (1940)
Circolo vizioso (1942)
Essere razionale (1941)
Iniziativa personale (1944)
Bugiardo! (1941)
Il robot scomparso (1947)
Meccanismo di fuga (1945)
La prova (1946)
Conflitto evitabile (1950)
Chi non avesse mai letto niente di Asimov deve sapere che i suoi robot hanno un cervello molto evoluto che opera in modo molto simile a quello umano: un cervello positronico. Per evitare che i robot possano ribellarsi o che qualche persona possa spingerli a uccidere o danneggiare altri esseri umani, i cervelli positronici vengono costruiti in modo da avere insite delle regole che non possono assolutamente violare, le Tre leggi della robotica. Se un robot riceve un ordine la cui esecuzione viola una delle Tre leggi impazzisce e smette di funzionare.
1 Un robot non può recare danno agli esserei umani né permettere che, a causa della propria negligenza, un essere umano patisca danno.
2 Un robot deve sempre obbedire agli ordini degli esseri umani, a meno che non contrastino con la Prima Legge
3 Un robot deve proteggere la propria esistenza, a meno che questo non contrasti con la Prima o la Seconda Legge.
Manuale di Robotica, 56a edizione, 2058 d. C.
Ad eccezione del primo racconto, “Robbie”, che non mi è piaciuto molto perché mi è sembrato poco fantascientifico e un po’ scontato, trovo che gli altri racconti siano delle geniali applicazioni di logica. Asimov ci presenta robot che si comportano in modo anomalo, pur continuando a rispettare le Tre leggi, in varie situazioni: uno si nasconde fra altri suoi simili, uno sviluppa uno strano senso dell’umorismo, uno racconta bugie… È solitamente la robopsicologa Susan Calvin a comprendere i motivi delle strane reazioni dei robot e a risolvere i problemi, con la sua conoscenza delle Tre leggi, delle loro implicazioni e dell’impatto che hanno sulla psiche dei cervelli positronici.
Susan Calvin è uno dei personaggi presenti in tutti i racconti (da giovane studentessa in “Robbie” a quasi settantenne in “Conflitto evitabile”). Gli altri personaggi che si ripetono sono tutti uomini della U. S. Robots and Mechanical Men Corporation (Lanning, Bogert, i due collaudatori Donovan e Powell), l’azienda detentrice del brevetto dei cervelli positronici. I vari racconti risultano così comporre quasi un romanzo in cui i robot positronici diventano via via sempre più perfezionati, pronti per essere i protagonisti del ciclo della Fondazione.
Non mancano, poi, come per ogni geniale scrittore e intellettuale in genere, le intuizioni (che a me, comunque, stupiscono sempre), come, nel racconto “Conflitto inevitabile” una descrizione dei motivi delle guerre degli ultimi secoli in cui si legge: Nel XX secolo, Susan, iniziammo un nuovo ciclo di guerre che non so come potrei definire. Ideologiche? La passione religiosa applicata ai sistemi economici anziché alle speculazioni sul mondo divino? Le guerre apparvero “inevitabili”…
È vero che non è difficile immaginare il futuro, dato che la storia si ripete ciclicamente, comunque questa “passione religiosa” è di una precisione notevole.
Johann Wolfgang von Goethe (1749 – 1832), scrittore tedesco.
Grande, grandissimo classico.
Di lui ho letto “I dolori del giovane Werther” e “Le affinità elettive“, un bel po’ di anni fa. Ho poi scorso qualche brano de “La teoria dei colori” ma ho sempre lì in attesa il “Faust“.
Cecil Scott Forester (1899 – 1966), scrittore inglese.
Il suo vero nome era Cecil Louis Troughton Smith. Di lui ho letto “La regina d’Africa” e “Greyhound”, entrambi romanzi di guerra che si svolgono su imbarcazioni, una vecchia barca motore su un fiume e un cacciatorpediniere di scorta a un convoglio di navi mercantili nell’Atlantico del nord rispettivamente.
Jeanette Winterson (1959), scrittrice britannica.
Di lei ho letto recentemente “Gli dei di pietra” (vedi qui alcune citazioni), un romanzo di fantascienza che è una sorta di parabola. La protagonista Billie si innamora della robosapiens Spike, durante il viaggio verso il Pianeta Azzurro verso il quale è stato deviato apposta un meteorite per fare estinguere i dinosauri e lasciare spazio agli uomini, ovvero replicare quello che era successo sulla Terra.
Incipit del mio romanzo per ragazzi “La torre della Papessa”, la storia di una vacanza speciale con un’avvincente caccia al tesoro, la scoperta della bellezza della montagna e di nuove amicizie.
Quel pomeriggio Augusto non vedeva l’ora che il suo turno di lavoro finisse e, appena poté lasciare scope e stracci e uscire dall’università, si precipitò nella bottega dello zio Giuseppe. L’insegna del negozio era Bellavia Antichità, ma di antico negli scaffali metallici c’era ben poco, si trattava per lo più di oggetti usati, la cui provenienza non era sempre lecita.
Quando Augusto entrò, lo zio stava scribacchiando appoggiato a un bancone. L’uomo alzò la testa rivolgendogli un cenno di saluto e lui, in poche e confuse parole, gli spiegò il motivo della visita. Poi gli mostrò le due lettere che erano cadute dalla scrivania del rettore mentre, come ogni giorno, la stava spolverando, lettere che aveva prontamente sottratto. Gli occhi avidi dello zio brillarono nel leggere nella più breve una dichiarazione molto significativa: Trovato tesoro di Mirella. La chiave è il libro.
Studying the movement of organisms; from individuals to populations
from jazz-fans to jazz-fans
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