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La spiaggia degli affogati – Domingo Villar * impressioni di lettura

(Titolo originale “La playa de los ahogados”, trad. Simone Cattaneo; originale pubblicato nel 2009; edizione italiana da me letta; (digitale) Ponte alle Grazie del 2021)

La spiaggia degli affogatiè un romanzo giallo ambientato in Galizia, più precisamente nella regione di Vigo; è il secondo pubblicato da Domingo Villar, e ha nuovamente come protagonista l’ispettore Leo Caldas.

La vittima è un pescatore; forse si è suicidato, più probabilmente è stato ucciso. L’indagine si rivela lunga e difficile, soprattutto per la reticenza di alcuni personaggi. Pare che la morte sia collegata a un naufragio avvenuto da oltre dieci anni… per la trama vi rimando alla sinossi.

Il modo di narrare di Villar è piuttosto lento, soprattutto nella prima metà del libro, che è quella in cui le indagini sembrano non procedere per niente. Nella seconda parte ci si avvicina alla verità e la sensazione di lentezza diminuisce.

I capitoli in cui è diviso il romanzo sono brevi, di poche pagine, mi pare che nessuno arrivi a dieci. Hanno come titolo una parola che ha rilevanza nel testo che la segue. Della parola, però, vengono date tutte (o molte) definizioni, come su un vocabolario, e questo, a mio parere, rende la lettura frammentata: quando si finisce un capitolo, prima di poter continuare con la vicenda, ci si imbatte in alcune righe che con la storia c’entrano solo perché la parola del titolo in qualche modo rappresenta le pagine successive. Avrei potuto saltarle, naturalmente, queste righe, ma non l’ho fatto perché se l’autore ce le aveva messe era ovvio che volesse farle leggere.

La lentezza non mi ha disturbata più che tanto, le definizioni invece, le ho trovate un poco fastidiose. A parte ciò la storia e l’ambientazione sono interessanti e i protagonisti realistici. Non ci sono rivelazioni dell’ultimo momento, tutte le informazioni si vengono a conoscere in modo graduale, via via che l’ispettore Caldas le ottiene.

Il protagonista, l’ispettore Caldas, appunto, è un uomo piuttosto solitario, dedito al suo lavoro; rimpiange Ada, forse una moglie da cui è separato (magari nel primo romanzo della serie questa situazione era stata spiegata); ha un padre, vedovo, che si è dedicato da anni con passione e successo a coltivare viti e a produrre vino e uno zio paterno malato, che è ricoverato in ospedale e che lui non va a trovare quanto vorrebbe (o sente che dovrebbe), a causa del lavoro. Partecipa a una trasmissione radiofonica – che gli ha portato una certa fama – in cui risponde alle domande dei cittadini, domande che sono quasi sempre solo proteste che lui inoltra al comando dei vigili urbani alla fine di ogni puntata. Ha per assistente un muscoloso aragonese, che sarebbe sempre pronto a usare le maniere forti, sia con le porte che non si aprono sia con le persone che non rispondono alle domande e che perciò Caldas deve spesso tenere a freno.

I personaggi, sia quelli che ruotano intorno all’ispettore, sia quelli coinvolti nel fatto di sangue, sono credibili e coerenti, ben disegnati.

Ultimo ma non ultimo elemento interessante è il mare (anche se Caldas soffre il mal di mare): è decisamente un protagonista, vuoi perché la vittima è un pescatore vuoi perché le persone che lo conoscevano sono tutte pescatori o comunque abitano nello stesso suo villaggio di pescatori, vuoi perché la vicenda sembra intrecciata a quella di un vecchio naufragio… Il mare può nascondere, può mostrare, può uccidere, può appassionare.

Annotazione a margine

La fascetta con cui sono legate le mani del pescatore annegato è verde e non ha un marchio o altro che possa far risalire al fabbricante. L’aiutante di Caldas dice allora: «Sarà cinese… ormai tutto è cinese.» Questa osservazione mi ha colpita, perché è quanto mi capita sia di dire spesso sia di sentir dire.

La sinossi (da amazon)

Un mattino di ottobre, sulla spiaggia di Panxón, a sud di Vigo, il mare restituisce il corpo di un pescatore annegato. Non si tratta di una disgrazia: l’uomo ha le mani legate con una fascetta. Potrebbe sembrare un suicidio, anche perché il Biondo era incline alla depressione e aveva un passato da tossicodipendente. O forse dovrebbe sembrare un suicidio, come sospetta l’ispettore Caldas. Forse la causa della morte è da cercare nei misteri che ancora avvolgono un altro naufragio, vecchio di dieci anni. Forse davvero, come sostiene qualcuno nel paese, un fantasma si aggira in cerca di vendetta… Torna l’ispettore Leo Caldas, e con lui tornano i suoi comprimari: i colleghi del commissariato — a cominciare dal fido ma impetuoso aiutante aragonese Estévez —, il padre ritiratosi fra le sue vigne, l’insopportabile conduttore radiofonico Losada, i «filosofi» della taverna di Eligio. Torna, soprattutto, la Galizia di Domingo Villar, autentica coprotagonista: sole bruciante e nebbie, piogge improvvise, marinai taciturni, bar, osterie e quell’oceano che la isola e la unisce al resto del mondo. La spiaggia degli affogati è il romanzo che ha confermato il talento di un grande autore. Nella costruzione della trama come nella caratterizzazione dei personaggi e dell’ambientazione, nel mirabile uso del dialogo e nella straordinaria capacità di gestire il ritmo della narrazione, Villar è un autentico maestro del noir moderno.

L’autore (dal libro e da wikipedia)

Domingo Villar (nato nel 1971 a Vigo, in Galizia) è uno scrittore di gialli spagnolo. Ha pubblicato due romanzi con l’ispettore Leo Caldas, un detective galiziano, e Rafael Estévez, il suo assistente aragonese (di Saragozza). Entrambi i romanzi sono stati pubblicati prima in galiziano e poi tradotti in spagnolo dall’autore stesso. Da “La spiaggia degli affogati” è stato tratto un film diretto da Gerardo Herrera.

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Il libro del mare -Morten A. Strøksnes * citazione #4

(titolo originale Havboka, 2015; trad. Francesco Felici (2017))

Questo romanzo, almeno fino al punto in cui sono arrivata a leggere, è picover il libro del mareù un insieme di riflessioni, alternate a descrizioni della vita marina e di certi animali nonché di altro, tenute insieme da una sottile trama. È comunque una lettura interessante, che si può condurre anche in modo frammentato, visto che, almeno per ora, la trama è così lineare che non ci sono problemi a seguirla.

Nel seguito un breve brano in cui l’autore paragona le molecole di acqua a lettere.

Le molecole si combinano a un ritmo vertiginoso in varianti sempre nuove, come le lettere si legano l’una all’altra in nuove parole, che diventano frasi, e magari interi libri. Se si pensa alle molecole d’acqua come a lettere, si può affermare che il mare contiene tutti i libri mai scritti, in lingue conosciute e non. Nei mari si creano anche altre lingue e alfabeti, come RNA e DNA, molecole in cui i geni si attivano e disattivano in ondate che scorrono attraverso strutture spiraliformi, e decidono se il risultato sarà un fiore, un pesce, una stella marina, un piroforo o un essere umano.
Un vento dolce soffia dalla ricca biblioteca del mare. La luce sopra di noi si scinde tra le nubi, e quando i raggi si proiettano sull’acqua, si flettono come verbi irregolari.

E poi, a proposito delle dimensioni dell’universo e delle distanze fra i corpi celesti, questa frase:

Gli astronomi sono archeologi o geologi che cercano fossili di luce.

 

 

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Il libro del mare -Morten A. Strøksnes * citazione #3

(titolo originale Havboka, 2015; trad. Francesco Felici (2017))

Quello che segue spiega l’avversione dei nordici per gli sgombri. L’ho trovata curiosa, anche se poi, a pensarci bene, non è niente di particolarmente insolito…

cover il libro del mare

Il disprezzo dei nordici per lo sgombro ha una lunga tradizione. Un tempo la gente credeva che questo pesce, che ha sul dorso un disegno che ricorda uno scheletro umano, mangiasse gli annegati. Ancora prima, si riteneva che divorasse anche i vivi. Il vescovo di Bergen Erik Pontoppidan descrive lo sgombro come una specie di piraňa nordico. È «proprio come lo squalo», scrive il vescovo, e con lo squalo condivide la propensione a «mangiare carne umana, e andare miratamente in cerca di chi nuota nudo, il quale può essere divorato in un baleno se finisce in un gruppo o in un banco di sgombri».

L’idea dei pesci che prediligono per mangiare «chi nuota nudo» è piuttosto spassosa… però trovo naturale che preferiscano il cibo senza buccia… 😉