Tutto è una parola dal significato chiaro e nello stesso tempo così vago, così impreciso che, Mi scusi, mentre filosofeggio con in mano la moneta da introdurre nell’apposita fessura per noleggiare il carrello qualcuno dietro le spalle ha parlato. Mi scusi, ripete. Scusi lei, rispondo, e rapida infilo la moneta.
Ho perso il filo, cosa stavo dicendo? Non importa, comunque non ho tempo.
Pronti partenza via, la spesa può iniziare. O, anche, su il sipario, lo spettacolo comincia. Monotono ma sempre diverso. Tutti attori e tutti spettatori, spettatori distratti, presi ognuno dal proprio ruolo. Cercare scegliere risparmiare accumulare accatastare correre alla cassa arrivare prima di quello col carrello pieno così pieno che più pieno non si può.
Controllare la scadenza, verificare gli ingredienti, ci saranno ogm, domanda senza risposta o almeno senza risposta certa, nell’incertezza posare la confezione, non cedere alla tentazione. Carta fedeltà, punti, regalo. Illusione del biologico, del solidale. Illusione di scegliere mentre invece si è scelti. Prodotti tentacolari che si insinuano nel carrello, vi si tuffano, vi si nascondono, inseguono.
Guarda chi si vede, nonostante la concentrazione sulla lista degli acquisti notare un conoscente. Come va, sembra infastidito di essere stato notato. Come al solito di corsa, a queste parole si rilassa, la sua fretta è salva, Sono in ritardo, si trincera dietro questa frase. Lasciarlo libero, non costringerlo a un’imprevista e indesiderata conversazione. Ci vediamo, saluta a casa, Grazie anche tu. Non guardarlo ripartire, allontanarsi prima di lui, senza rimpianti, i rimpianti sono un lusso da adolescenti e da vecchi, quando il tempo sembra abbondare, ma neanche allora abbonda, è solo più facile illudersi che sia così.
Arrivare a metà spesa e accorgersi di non aver preso l’aglio, che è vicino all’entrata. Tornare indietro, percorrendo i corridoi contromano, essere guardati male dai colleghi acquirenti, gli eccentrici sono sempre e comunque sospetti, non si sa mai potrebbero trovare il modo di tirare una fregatura. Mettere l’aglio al sicuro nel carrello, controllare la lista in cerca di eventuali altre dimenticanze, sospirare di sollievo perché non ve ne sono, proseguire il viaggio nella direzione giusta.
Continuare a recitare confusi nel traffico, la lista in mano come una bandiera, cose che passano dallo scaffale al carrello, di quando in quando cose che tornano dal carrello allo scaffale: timore di ogm truccati, prezzo troppo esiguo, produttore straniero, rari pentimenti per l’eccessiva sudditanza al dio consumo.
Consumo ergo sum, ma così dicendo il sum è già dentro il consumo, possiamo economizzare e riassumere il tutto con: consumo ergo. Per inciso anche riassumere contiene sum. Vuoi vedere che alla fin fine ego sum davvero?
Osservare passandoci davanti la fila alla cassa veloce, quella per chi ha meno di dieci oggetti: carrelli mezzi pieni, sono davvero molti quelli scarsi in aritmetica, che non sanno neanche contare. Questa cassiera non ha voglia di discutere, non manda indietro nessuno, quella dell’altra settimana al contrario era così agguerrita che induceva al dubbio: vorrà difendere la regola o limitare il numero degli scontrini di sua spettanza?
Camminare estasiati nel corridoio dei surgelati. Le lusinghe dei piatti pronti sono canti di sirene che si trasformano in voci gracchianti solo nel leggere gli ingredienti, una fiera di anti: conservanti, coloranti, coagulanti. Antipatici. Lasciare delusi i gustosi manicaretti nelle vetrine frigorifere, arrabbiarsi con se stessi per aver indugiato in una ricerca notoriamente inutile. Invidiare e compatire a un tempo chi infila nel carrello con beata incoscienza non tutto ma di tutto, conquistato dalle appetitose immagini stampate sulle confezioni o dalle promesse di spot pubblicitari: Buono così neanche tu stesso sapresti farlo…
Arrancare infine verso la cassa, cercando quella con la fila più breve, controllando per l’ultima volta la lista delle cose da comprare, accidenti il sapone per i piatti, dimenticato. Decidere se prenderlo perdendo il turno o rimandare alla prossima volta, forse quello che c’è a casa basterà per una settimana. Domande di fretta, domande che Amleto neanche avrebbe saputo porsi, lui si limitava a stare davanti allo specchio a chiedersi se era oppure no, avrebbe dovuto provare con un carrello pieno di roba, gente impaziente davanti, gente impaziente dietro. Consumo ergo. Ecco tutto. Ecco la risposta.
Disporre le confezioni sul nastro scorrevole, ascoltare gioiosi il bip del lettore che decodifica il codice a barre, speriamo che non si blocchi, speriamo che non si blocchi, lo scontrino diventa sempre più lungo, alla fine la cassiera pronuncia un numero. Infilare gli acquisti nelle borse o nelle buste di plastica. Pagare. Consegnare la carta e digitare il pin o firmare la ricevuta, oppure contare gli euro e incassare il resto. Arrivederci, salutare, anche le cassiere hanno un’anima, benché pare che alcune non lo ricordino perché rispondono stupite.
Approdare all’auto, scaricare le borse e le buste nel portabagagli, volare a posare il carrello, la monetina di nuovo in tasca, finalmente sedere alla guida. Anche per questa volta è fatta. Consumo ergo. Scusate se è poco.
(“Consumo ergo” è un mio testo di qualche anno fa. Questo racconto è pubblicato, con altri editi, nel mio ebook Kindle “Un grande fuoco: 10 racconti”, disponibile anche con l’abbonamento kindle unlimited)