L’orologio appeso al muro scandisce il tempo con un tic-tac che sembra il trotto lento di un cavallo stanco. Forse adesso che è notte vorrebbe dormire anche lui, e magari la lancetta rallenta, gira distrattamente, scuotendosi di tanto in tanto dalla sonnolenza.
Lavoro ingrato, questo: percorrere ogni giorno ogni ora ogni minuto sempre lo stesso spazio circolare, senza vedere mai niente di nuovo, senza potersi riposare, soffermare… Se qualche volta, incauto, riprende fiato e sosta, immediatamente si alzano grida di allarme: “L’orologio si è rotto” “Va portato subito a riparare!” E via, qualcuno lo stacca dal muro e corre dall’orologiaio, che con minute pinzette e sottili cacciaviti lo guarisce dalla malattia.
Sono tutte preoccupazioni superflue: il Tempo non si ferma se l’orologio è guasto, né, viceversa, trascorre più veloce se gli ingranaggi, difettosi o manipolati ad arte, affrettano il ritmo del tic-tac.
A pensarci bene è davvero bizzarro che sia tanto grande il valore attribuito alla misurazione di una cosa così ineffabile, intangibile, indescrivibile nella chimerica speranza che, pur senza capirla, la si possa imbrigliare, sottomettere, dominare. Illusioni, nient’altro che illusioni, Nel mentre che lo si scandisce il Tempo passa, e vince. Non è forse meglio, allora, lasciare che ogni tanto l’orologio si fermi, e riposi, e dimenticare con lui, per un po’, ciò che per mezzo suo crediamo di controllare?