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Versi #33

Una poesia che ho scritto nel 1994 o prima.

NEBBIA

Dalla finestra

bianco fumo come orizzonte

da riempire di sogni

ricordi

speranze

non completamente morte.

Dalla finestra

bianco silenzio

che narra

un mondo infinito

pulito

traboccante

di energia buona.

Un bianco contatto

stabilito per un attimo

fra l’intimo profondo,

e l’infinito intorno

la sensazione di aver compreso…

Ma al suo dissolversi

riappare

il grigio della strada

risuona

il rumore delle auto…

cosa può dire tutto ciò

alla mia anima?

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Versi #32

Una poesia che ho scritto nel 1993 o prima.

Musica

per non pensare.

Musica

per riuscire a credere

che si può ancora

sperare

che si può ricominciare

a costruire un sogno.

Musica

per darmi forza.

Musica

per esprimere

la mia voglia di vivere

nonostante il dolore.

Musica

per cullare

l’illusione

e la paura

di un amore.

Musica

per vivere

questo amore

sola con me.

Musica

per ascoltare

il tempo

che inesorabilmente scorre.

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Versi #31

Una poesia che ho scritto nel 1993 o prima.

La notte

sembra infinita.

Come un sogno

senza tempo

come fosse possibile

attraversarla

senza che arrivi

l’alba.

Nel buio

puntato di stelle

immaginare

un mondo

diverso

più umano,

meno lontano.

Nella notte

sentirsi liberi

è facile,

sembra quasi vero,

sembra

di poter toccare

con mano la vita.

Sembra.

Ma l’alba

arriva

e il sole inesorabile,

energico

prosciuga

il fluido

della vita.

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Versi #30

Donne che cantano

canzoni di donne

Donne che leggono

poesie di donne

Donne che ascoltano

canzoni e poesie

di donne

cantate e lette e recitate

da donne

Donne che confondono

le loro storie

che intrecciano

i loro ricordi

che disegnano

un possibile futuro.

Donne. Insieme.

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I gatti lo sapranno – poesia di Cesare Pavese

Poesia scritta nell’anno della morte, il 10 aprile (nato il 9 settembre 1908, Cesare Pavese si toglie la vita nella notte fra il 27 e il 28 agosto del 1950). Amo molto il ritmo di queste poesie… l’ho già scritto, lo so.

Ancora cadrà la pioggia

sui tuoi dolci selciati,

una pioggia leggera

come un alito o un passo.

Ancora la brezza e l’alba

fioriranno leggere

come sotto il tuo passo,

quando tu rientrerai.

Tra fiori e davanzali

i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,

ci saranno altre voci.

Sorriderai da sola.

I gatti lo sapranno.

Udrai parole antiche,

parole stanche e vane

come i costumi smessi

delle feste di ieri.

Farai gesti anche tu.

Risponderai parole –

viso di primavera,

farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,

viso di primavera;

e la pioggia leggera,

l’alba color giacinto,

che dilaniano il cuore

di chi più non ti spera,

sono il triste sorriso

che sorridi da sola.

Ci saranno altri giorni,

altre voci e risvegli.

Soffriremo nell’alba,

viso di primavera.

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Un sonetto di Dante

La poesia di Dante che preferisco.

«Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua devèn, tremando, muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente e d’umiltà vestuta,
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.»

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Versi #26

Potrei scrivere una poesia.

Qualche parola

distesa disordinata

sulle righe di un quaderno.

Potrei scrivere

qualcosa

un gesto

una frase

un proposito.

Qualcosa che possa

risuonare dentro

e tenere compagnia

per qualche istante

almeno.

Ho scritto.

Parole silenziose

come un gatto che dorme

acciambellato sul divano.