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Il mestiere di vivere – Cesare Pavese * citazione #9

Alcune frasi da “Il mestiere di vivere”, il diario di Cesare Pavese, su persona, persone e raccontare.

1940

24 giugno

Melodramma” è quando i personaggi parlano per il pathos esterno delle scena, non esistendo come persone ma provvisori e posticci allo scopo di prestare pretesto di commozione.

Le “persone” vanno rispettate anche nel raccontare altrimenti si dà nel melodramma che è in arte quello che l’ambizione o edonismo nella vita.

C’è sì il diritto di “adoperare” i personaggi, ma non a un effetto bensì a una costruzione – come nella vita, non a scopo di sentire, di sperimentare, ma di realizzare un significato.

Ecco, realizzare un significato, questo mi sembra il punto centrale, nella scrittura come nella vita.

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Linda di Chamounix – Donizetti, Rossi

Linda di Chamounix” è un’opera di Gaetano Donizetti (1797 – 1848) su libretto di Gaetano Rossi (1774 – 1855), rappresentata per la prima volta a Vienna nel Teatro di Porta Carinzia il 19 maggio 1842 (con Eugenia Tadolini nel ruolo di Linda) e poi a Parigi, il 17 novembre dello stesso anno; nell’edizione di Parigi Donizetti aggiunse l’aria “Oh luce di quest’anima” su richiesta della soprano che interpretava Linda, Fanny Tacchinardi. L’opera ebbe fin da subito un grande successo e anche negli anni successivi venne rappresentata molte volte sia in Italia che in Europa.

A Firenze mancava dal 1910.

Il libretto è basato su una piece francese, “Grâce de Dieu ou la nouvelle Fanchon” di Adolphe d’Ennery e Gustave Lemoine).

È un’opera semi-seria, ovvero unisce sia elementi dell’opera buffa che elementi dell’opera seria. La scelta di Donizetti è probabilmente dovuta sia al fatto che l’opera fu scritta per il pubblico viennese (dai gusti diversi da quello italiano), sia perché i temi trattati (lo sfruttamento dei giovani paesani che vanno a lavorare a Parigi e il comportamento immorale del marchese (che vorrebbe fare di Linda la sua mantenuta) in questo modo potevano passare più facilmente indenni sotto la censura. Inoltre la vicenda -anche se narra fatti contemporanei a Donizetti – è ambientata diverse decine di anni prima.

La trama in breve

In Savoia, alla fine dell’estate, quando il lavoro nei campi comincia a scarseggiare, i giovani e anche i bambini partono per la città (in particolare per Parigi) in cerca di lavori con cui guadagnare qualche soldo. Molti di loro vengono sfruttati (spazzacamini, fiammiferaie, suonatori di strada) e altri finiscono a rubare o a prostituirsi se ragazze. L’opera si apre proprio prima della partenza di un gruppo di questi giovani che vivono nello stesso paese di Linda, una ragazza, figlia unica di Antonio e Maddalena, due contadini poveri e, sul momento, molto preoccupati perché la marchesa, padrona del terreno e della casa, potrebbe non rinnovare loro l’affitto. Il marchese, fratello di lei, promette ad Antonio di sistemare tutto e così fa, però la sua intenzione – che viene poi svelata dal prefetto – è quella di avere Linda come amante. La giovane è innamorata di Carlo, un sedicente pittore, in realtà un visconte, figlio della marchesa. A causa del pericolo rappresentato per la virtù di Linda dal marchese, il padre decide di farla partire per Parigi con gli altri giovani, fra cui c’è Pierotto, un ragazzo che le è molto amico, molto bravo a cantare e a suonare la ghironda, uno strumento caratteristico. (fine del primo atto)

A Parigi Linda viene raggiunta da Carlo, che le rivela la sua vera identità e continua a prometterle di sposarla e la fa alloggiare in un appartamento, le dà denaro e abiti (anche se il loro rapporto rimane platonico). Un giorno arriva a Parigi Antonio, che si reca da Linda credendola la moglie del visconte. Quando lei si fa riconoscere la reputa una donna perduta e la disconosce. In quel momento giunge Pierotto che riferisce di aver visto i preparativi di un fastoso matrimonio nel quale lo sposo è proprio Carlo. Linda impazzisce per il dolore e Antonio se ne va. (fine del secondo atto)

I giovani andati a Parigi tornano, alla fine dell’inverno, in Savoia. Tutti tranne Pierotto e Linda. Arriva anche Carlo, che non ha sposato la donna che voleva imporgli la madre ed è invece riuscito a convincerla a dargli il consenso di sposare Linda. Ma Linda non c’è e nessuno sa dove sia. Lui decide di partire per cercarla, ma prima che lo faccia la giovane giunge insieme a Pierotto; lei però non riconosce nemmeno i genitori. Nel sentire la voce di Carlo ha delle reazioni, ma poi dice che non è il “suo” Carlo. Allora lui le canta i versi che le cantava quando lo credeva un pittore e lei lo riconosce e riacquista il senno. I due si sposeranno e vivranno felici e contenti. (fine del terzo atto)

Ho tralasciato diverse scene, volevo solo appuntare qualcosa per tenerne memoria.

Prima di assistere alla rappresentazione al Teatro del Maggio di Firenze sono stata a tre presentazioni dell’opera, fra cui una in cui il regista stesso ha raccontato del suo lavoro sulla Linda. Questo mi ha consentito – oltre che di venire a conoscenza di cose che non sapevo – di seguire e gustare meglio l’opera, che mi è piaciuta molto. La musica è bella e la storia interessante non tanto per la vicenda di Linda (poco realistica) quanto per il tema dei ragazzi spinti dalla povertà a emigrare ogni anno a Parigi a cercare lavoro nella metropoli che stava vivendo la rivoluzione industriale.

Artisti

Linda (soprano) – Jessica Pratt

Pierotto (contralto) – Teresa Iervolino

Carlo (nipote del marchese) (tenore) – Giulio Pelligra

Antonio (padre di Linda) (baritono) – Vittorio Prato

Maddalena (madre di Linda) (soprano) – Marina De Liso

Il marchese Boisfleury (basso buffo) – Fabio Capitanucci

Il Prefetto (basso) – Michele Pertusi

L’intendente del feudo (tenore) – Antonio Garès

Maestro concertatore e direttore – Michele Gamba

Regia – Cesare Lievi

Scene e costumi – Luigi Perego

Luci – Luigi Saccomandi

Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino * Maestro del Coro – Lorenzo Fratini

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Di qui qualche anno – Francesco Zampa – impressioni di lettura

L’autore si affida a un romanzo distopico dalle tinte cupe del noir per trattare un tema che è purtroppo sempre di grande attualità, la violenza di genere.

La storia è ambientata in un tempo che potrebbe essere il presente o un futuro molto prossimo e descrive una situazione altamente drammatica: le donne vengono decimate da una misteriosa malattia e molte delle superstiti non sono più fertili. Questo significa che l’umanità intera è a rischio di estinzione ma nemmeno una prospettiva così grave impedisce comportamenti violenti e dispotici di una parte degli appartenenti al sesso maschile nei confronti delle poche donne sopravvissute.

La ricerca da parte del protagonista, il detective Kenneth Eckart, di una ragazza scomparsa non può che causare ulteriori violenze e problemi da parte di chi vorrebbe rintracciarla per averla per sé. Nella sua indagine il detective non può contare altro che su se stesso ma non si arrende, anche perché nella vicenda è coinvolta sua moglie Leyla, che lui ama molto.

Il romanzo si articola in un alternarsi di parti narrate in terza persona con altre in cui è il protagonista, cioè Eckart, l’io narrante. Questo consente di seguire la storia da più punti di vista.

Il personaggio di Eckart mi ha ricordato Philip Marlowe (di Raymond Chandler), per il suo ostinarsi a seguire tracce, indizi e intuizioni anche quando sa o prevede che farlo gli porterà soprattutto guai, senza piegarsi a compromessi e rimando fedele ai propri valori.

Sinossi

In un presente indefinito, un male misterioso fa strage di donne fertili e una mutazione spontanea preserva le superstiti con la sterilità. Molti uomini cadono nella disperazione, vittime collaterali, mentre si scatena una guerra silenziosa per il possesso della ambite prede rimaste, sullo sfondo di una società ancora organizzata ma sull’orlo del caos.
Il detective Eckart è abituato agli incarichi di mariti traditi e non ha avuto troppe difficoltà a modificare le sue prestazioni professionali sull’onda del mutato ordine sociale.
Per scrupolo, ha anche messo al sicuro sua moglie Leyla in un programma protezione, con il patto indissolubile di perdere ogni contatto.
Quando il commissario Branagh cerca sia Leyla che Rivka, una ragazza ebrea scomparsa, Eckart non può fare a meno di andare a cercare dove non dovrebbe, incrociando la sua strada con quella dei molti altri che vorrebbero impadronirsi della ragazza.

Il blog di Francesco Zampa: http://ilmaresciallomaggio.blogspot.it

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I gatti lo sapranno – poesia di Cesare Pavese

Poesia scritta nell’anno della morte, il 10 aprile (nato il 9 settembre 1908, Cesare Pavese si toglie la vita nella notte fra il 27 e il 28 agosto del 1950). Amo molto il ritmo di queste poesie… l’ho già scritto, lo so.

Ancora cadrà la pioggia

sui tuoi dolci selciati,

una pioggia leggera

come un alito o un passo.

Ancora la brezza e l’alba

fioriranno leggere

come sotto il tuo passo,

quando tu rientrerai.

Tra fiori e davanzali

i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,

ci saranno altre voci.

Sorriderai da sola.

I gatti lo sapranno.

Udrai parole antiche,

parole stanche e vane

come i costumi smessi

delle feste di ieri.

Farai gesti anche tu.

Risponderai parole –

viso di primavera,

farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,

viso di primavera;

e la pioggia leggera,

l’alba color giacinto,

che dilaniano il cuore

di chi più non ti spera,

sono il triste sorriso

che sorridi da sola.

Ci saranno altri giorni,

altre voci e risvegli.

Soffriremo nell’alba,

viso di primavera.

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Greyhound – C.S. Forester * impressioni di lettura

(titolo originale The Good Shepherd, 1955; ripubblicato nel 2019; trad. Nello Giugliano (2020), Newton Compton editori s.r.l)

Un romanzo di guerra e di mare. E di un solo uomo, sostanzialmente: il comandante George Krause della marina militare statunitense, che ha ai suoi ordini quattro navi da guerra alleate incaricate di proteggere un convoglio di trentasette navi mercantili dirette in Inghilterra per portare rifornimenti. Il convoglio deve passare dall’Atlantico del nord, pattugliato dai sottomarini tedeschi, gli U-Boot, pertanto la missione di Krause è difficile e quasi impossibile.

La vicenda narrata è riferita a due sole giornate, in cui il comandante rimane sempre sveglio a dirigere le operazioni della sua nave e delle altre.

Il libro è diviso in tre capitoli, ma in realtà il primo e il terzo sono più una specie di prologo ed epilogo, tutta la storia è narrata nel secondo, suddiviso – se così si può dire – in parti di quattro ore ciascuna, da Mercoledì. Turno del mattino: 08:00-12:00 a Venerdì. Turno del mattino: 08:00-12:00.

Krause è un uomo religioso, severo ed esigente con se stesso, poco empatico e poco cordiale. Ciò nonostante prende ogni sua decisione riflettendo anche su come questa potrà influire sui suoi sottoposti e sugli equipaggi per limitare al minimo le sensazioni negative che questi potrebbero provare. Questo non significa che non operi le scelte che ritiene più adeguate, solo che cerca di immaginare ogni possibile conseguenza prima di procedere. La sua esperienza lo aiuta nel valutare in pochissimi secondi le situazioni e nel dare i comandi necessari senza indugiare in lunghe riflessioni.

Il suo senso del dovere lo tiene nella plancia di comando per oltre quarantotto ore, praticamente ininterrotte – salvo qualche veloce rientro in cabina per necessità indifferibili – (è in plancia che mangia qualcosa due o tre volte in due giorni e due notti).

Questo l’incipit del secondo capitolo:

Mercoledì. Turno del mattino: 08:00-12:00

C’erano quasi duemila uomini in quella flotta; ce n’erano più di ottocento a bordo delle quattro navi da guerra che la scortavano. Volendo attribuire valori numerici a concetti in realtà non ben misurabili, tremila vite umane, nonché merci e beni per cinquanta milioni di dollari, dipendevano dall’operato del comandante George Krause della marina militare statunitense, quarantadue anni di età, un metro e ottanta di altezza, settanta chili di peso, carnagione né troppo chiara né troppo scura, occhi grigi; e non aveva solo l’incarico di proteggere il convoglio, era anche l’ufficiale in comando della Keeling, il cacciatorpediniere classe Mahan, millecinquecento tonnellate di dislocamento, entrata in servizio nel 1938.

Krause parla con i comandanti delle altre tre nevi da guerra tramite il TBS:

Krause balzò al radiotelefono, conosciuto anche con l’acronimo TBS, Talk Between Ships, perché serviva appunto a mettere in comunicazione tra loro le varie navi della flotta.

Le quattro navi di scorta e i rispettivi nomi in codice per il TBS sono:

il cacciatorpediniere Americano Keeling → George
il cacciatorpediniere polacco Viktor → Eagle
la corvetta inglese James → Harry
la corvetta canadese Dodge → Dicky.

Durante il viaggio vengono ingaggiate varie battaglie fra le navi di scorta e gli U-Boot, il romanzo praticamente descrive minuto per minuto i momenti salienti degli scontri e degli inseguimenti. La narrazione è un susseguirsi di rilevazioni tramite radar e sonar, di indicazioni della rotta da seguire, di concertazioni tramite TBS fra due o più navi… leggendo sembra un po’ di essere in plancia accanto a Krause. Questo risulta un po’ monotono, per quanto si tratti di un racconto realistico. L’aspetto a mio parere più interessante, a meno che uno non sia un patito di battaglie descritte con molti particolari, è la figura del protagonista. Un uomo solo al comando, davvero, perché questo è Krause, che dà ordini e opera scelte senza esitazioni perché questa è la sua responsabilità.

Adesso era necessario schierare nel migliore dei modi le restanti due navi da guerra, la Keeling e la canadese Dodge, a tribordo dell’anca; doveva provare, con due imbarcazioni, a schermarne trentasette. Il convoglio copriva più di quattro miglia quadrate di superficie marittima, un bersaglio immenso anche per un siluro sparato “alla cieca”, siluro che poteva partire comodamente da qualsiasi punto in un semicerchio di circa quarantacinque miglia. Il miglior modo per tenere sotto controllo un’area tanto vasta con due navi non poteva che essere un mero compromesso, ma bisognava ancora metterlo in atto. Krause tornò a parlare nel telefono.

Sinossi

Un grande romanzo storico 
1942.
Gli Stati Uniti sono appena entrati in guerra. Il Comandante Ernest Krause ha ricevuto l’incarico di portare a termine una missione ad altissimo rischio: guidare il convoglio Greyhound, formato da trentasette navi mercantili, lungo la rotta che passa tra i mari ghiacciati del Nord Atlantico, infestato dai micidiali U-boot, i sottomarini della flotta nazista. L’obiettivo è quello di portare agli alleati inglesi preziosi rifornimenti, indispensabili per resistere agli attacchi tedeschi. Ma il Comandante sa che raggiungere l’obiettivo è quasi impossibile: i sommergibili tedeschi sono superiori in potenza e in numero: Krause ha solo 48 ore di tempo per completare quella che sembra una missione destinata a fallire. A meno che…
Da questo romanzo il film Greyhound, diretto da Aaron Schneider con Tom Hanks

l’autore

Cecil Scott Forester, pseudonimo di Cecil Louis Troughton Smith (Il Cairo, 27 agosto 1899 – Fullerton, 2 aprile 1966), è stato uno scrittore inglese.

I suoi lavori più noti sono gli undici libri della serie dedicata a Horatio Hornblower, riguardanti le azioni belliche navali durante l’epoca napoleonica, e “La Regina d’Africa (1935), da cui fu tratto un film, realizzato nel 1951 da John Huston, e che ebbe come protagonisti Humphrey Bogart e Katharine Hepburn. (da Wikipedia)

Anni fa ho letto “La Regina d’Africa” e ho visto più volte l’omonimo film in tivù.