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Notturno francese – Fabio Stassi * Impressioni di lettura

(Sellerio Editore, 2023)

Un romanzo non molto lungo, una storia narrata con leggerezza e delicatezza.

È il protagonista stesso a raccontarla, Vince Corso, un giovane biblioterapeuta. Salito per sbaglio su un treno che invece di portarlo a Napoli, dove si trova la sua compagna, lo porta verso il Nord, Vince parla un altro passeggero che gli suggerisce di cogliere l’occasione offertagli da quell’errore per fare un viaggio diverso.

Dopo qualche incertezza Vince segue quel suggerimento e, di treno in treno, giunge a Nizza e prende una camera, per una sola notte perché di più non può permettersi, all’hotel Le Negresco, dove sua madre ha incontrato suo padre e lo ha concepito. E qui inizia la ricerca di quel padre mai conosciuto, seguendo delle tracce nemmeno troppo difficili da trovare.

Come ho scritto è un romanzo delicato, composto di capitoli brevi, intrigante. Malinconico ma anche dolce.

Ho letto un altro libro, molto piacevole, di cui Fabio Stassi è curatore: Curarsi con i libri, di Ella Berthoud e Susan Elderkin. (forse non a caso Vince è un biblioterapeuta…)

Concludo dicendo che questo romanzo ha diverse cose in comune con il mio “Agnes”: il viaggio, l’ambientazione (Nizza, in particolare), la narrazione in prima persona, l’essere una storia delicata e malinconica.

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La meta – microracconto

Quando mi misi in cammino pensai che il mio viaggio non sarebbe durato più di qualche mese. Invece sono passati vent’anni e non sono ancora arrivato. Ogni angolo sembra celare il mio traguardo, mentre nasconde un altro angolo e questo un altro ancora, sono migliaia quelli dietro a cui ho voltato e so che migliaia ancora mi attendono. Ho capito da un po’ che sto percorrendo una sorta di spirale, e che potrò un giorno trovare il suo centro solo se vent’anni fa ho scelto la direzione giusta.

(1996)

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La saggezza del mare – Björn Larsson

Ho iniziato a leggere questo libro di Björn Larsson, una raccolta di impressioni, incontri, riflessioni sui suoi viaggi in barca a vela che lo scrittore marinaio ha pubblicato nel 2000; ho già trovato un paio di pensieri che mi va di annotare.

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Se è vero che viaggiare consiste nel fare esperienze, e non nel lasciarsi trasportare, il valore del viaggio è inversamente proporzionale alla sua velocità.

La seconda citazione è a sua volta una citazione che Larsson riporta, da Kap Farväl! di Harry Martinson, scrittore-marinaio, premio Nobel per la letteratura.

Le nostre navi a vapore fanno il giro del mondo sei volte più in fretta dei bastimenti dell’epoca della navigazione a vela. La nostra avventura è fatta di continuo cambiamento, di velocità e di distanze. Se si è svegli e affamati, si vede una tormentosa quantità di cose. Se si è apatici e indifferenti, poco importa quali orizzonti scivolino nei nostri giorni.

Già da queste frasi si intuisce, a mio parere, il tono e il senso del libro, non vi pare?

 

Pubblicato in: Citazioni, Libri

Il libro dell’inquietudine, Fernando Pessoa #6

Il viaggio dentro la testa

Dal mio quarto piano sull’infinito, nella plausibile intimità della sera che sopraggiunge, a una finestra che dà sull’inizio delle stelle, i miei sogni si muovono con l’accordo di un ritmo, con una distanza rivolta verso viaggi a paesi ignoti, o ipotetici, o semplicemente impossibili.

 

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Agnes, progetto di un romanzo breve

Tempo fa ho iniziato a scrivere una storia con protagonista Agnes, una donna anziana, buttando giù le prime due o tre pagine e abbozzando un possibile svolgimento della trama, in modo molto sintetico.

Quando poi ho scritto quello che considero il cuore de “La grande menzogna” ho citato, fra i romanzi di cui si parla, la vicenda che avevo immaginato per Agnes, una vicenda che continuava ad intrigarmi.

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Da qualche settimana, dopo aver pubblicato “La grande menzogna“, ho provato la necessità di riprendere in mano “Agnes” e di finire la sua storia, o, meglio, di scriverla, dalla terza pagina in poi.

Dando voce alla protagonista, che parla in prima persona al presente, ho scoperto molte cose sul suo passato, cose che nei vecchi appunti (una mezza pagina scarsa) non c’erano, e accompagnandola nella sua ricerca (anche questa è la storia di una ricerca, del resto la vita non è forse una continua ricerca?), ho incontrato con lei molti personaggi che anni fa non avevano dato alcun segno di esistere.

Insomma, questo romanzo breve, benché segua la traccia che avevo dato al vecchio racconto, è stato per me una totale scoperta: come in fondo sarà per Agnes, anche per me la meta è il viaggio stesso. Ed è questo uno degli aspetti più affascinanti della scrittura: veder nascere sotto le mie dita scene, personaggi e ricordi di cui non sapevo nulla fino al momento in cui ne leggo sullo schermo del computer o su un foglio di carta.

 

Pubblicato in: Racconti

IL VIAGGIO, un racconto

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C’era stato un momento, anche più di uno, qualche tempo prima, in cui aveva pensato di comprare un’automobile nuova. La sua era davvero vecchia: quindici anni e sette mesi. Ma non ne aveva fatto di nulla, nessuna di quelle che si poteva permettere era di suo gusto.

Quel mattino si rallegrò di non averla cambiata. Non sarebbe stata la stessa cosa, in una vettura farcita di optional pro sicurezza e di comfort inutili. Per il gesto essenziale che si apprestava a compiere la semplicità della sua vecchia compagna era perfetta.

L’aveva fatta lavare il giorno prima, e subito dopo chiusa in garage. Era ancora bella, portava i suoi anni molto meglio di lui e dei suoi sogni appassiti. Forse perché una macchina non ha sogni, quindi non le si possono dissolvere fra le mani e allora non soffre, o soffre meno. Non che fosse proprio sicuro di questo. Ricordava sempre l’apprensione provata la volta in cui era stato tamponato e si erano rotti i fanali posteriori: allora, e anche dopo, si era chiesto se lei non avesse sentito male. Certo non si era lamentata. Ma forse la sua voce lui non sapeva udirla.

Chissà cosa avrebbe pensato quando lui, abbassata la saracinesca del garage, si sarebbe seduto al posto di guida e avrebbe acceso il motore, restando seduto con i finestrini aperti, il cambio in folle, il freno a mano tirato, il capo abbandonato sulla spalliera, gli occhi, dopo un ultimo abbraccio all’abitacolo, chiusi.

Avrebbe capito che quel viaggio fatto senza muoversi sarebbe stato il più lungo, una partenza senza ritorno?

O forse era proprio il ritorno, chissà.

Indossò la giacca grigia, quella del suo abito migliore, comprato per il matrimonio del fratello, sei anni prima. Scese in garage. Era pronto. Aveva studiato ogni particolare: un errore avrebbe trasformato il rito in una farsa.

Prima di salire percorse con la mano il tetto dal portabagagli al cofano. Una carezza che lo confortò e gli confermò che quanto stava per fare era la cosa giusta. Gli parve quasi che fosse la prima volta che toccava il metallo della sua carrozzeria. Aveva lasciato un biglietto in cui salutava il fratello e gli chiedeva di occuparsi di lei, dopo. Lui non poteva che abbandonarla. Addio amica fedele, pensò.

Inserì la chiave nel quadro e la girò, provocando il familiare brontolio; gradatamente abbassò la leva dell’aria perché il motore non si spegnesse per la troppa benzina quando lui avesse già perso conoscenza.

Trascorsi pochi minuti ciò che respirava non bastava più ai suoi polmoni. Tossì. Soffocò l’impulso di aprire lo sportello e gettarsi fuori dal garage, riuscendo a sorridere della sua debolezza. Tossì ancora, poi, mentre immagini del suo passato presero a turbinargli impazzite nella retina, il suo capo cadde in avanti, il suo petto premette il volante e il clacson cominciò a suonare. Lui udì confusamente le prime note, poi più nulla.